La conclusione dei capitoli sui negoziati negli Accordi CETA e EUSFTA


L’esercizio della nuova competenza esclusiva in materia di investimenti che il Trattato di Lisbona ha attribuito all’Unione europea sembra ormai in piena fase di attuazione. Il 26 settembre, in occasione del summit bilaterale di Ottawa tra Canada e Unione europea, è stata formalizzata la conclusione del negoziato sul CETA (Canada-EU Comprehensive Economic and Trade Agreement) iniziato nel 2009 e già in parte concluso nel 2013. Tre settimane dopo, il 17 ottobre, la Commissione europea ha invece annunciato la conclusione del capitolo sugli investimenti all’interno dell’Accordo di libero scambio con Singapore (EUSFTA: EU-Singapore Free Trade Agreement). In quest’ultimo caso, quello sugli investimenti era l’ultimo capitolo rimasto in sospeso dopo i passi avanti fatti nel 2013 sulle altre parti dell’Accordo.

Entrambi i testi degli accordi non sono ancora vincolanti, in attesa che si completi il processo di ratifica previo esame giuridico delle disposizioni contenute al loro interno.

Questi i punti salienti della disciplina degli investimenti risultante dal testo dei due accordi che, sia pur in maniera sintetica e alquanto sommaria, meritano di essere segnalati:

  • Il riconoscimento (nel Preambolo di entrambi gli accordi) dell’esigenza di preservare il diritto per le parti contraenti di adottare misure per il perseguimento di obiettivi legittimi di politica pubblica (tra i quali, la sicurezza sociale ed ambientale, la salute pubblica e la diversità culturale);
  • La predisposizione di una definizione puntuale di trattamento giusto ed equo, che in passato è stata spesso oggetto, a causa della sua indeterminatezza, di interpretazioni differenti da parte dei tribunali. All’interno degli accordi (Article X.9 CETA; Article 9.4 EUSFTA) vengono infatti innanzitutto precisate le cause di eventuale violazione di tale trattamento, individuate nell’arbitrarietà manifesta, nei trattamenti abusivi nei confronti degli investitori (quali, coercizione, costrizione o vessazioni), nel mancato rispetto dei parametri fondamentali del giusto processo (inclusa la violazione fondamentale dell’obbligo di trasparenza) e in forme di discriminazione per motivi razziali, religiosi o di genere;
  • Vengono forniti degli indicatori, a beneficio degli arbitri, per valutare eventuali espropriazioni indirette (Annex X.11: Expropriation CETA; Annex 9-A EUSFTA). Nello specifico: 1) l’espropriazione indiretta può sussistere solo in presenza di una sostanziale privazione dei diritti di proprietà dell’investitore; 2) l’aumento dei costi per l’investitore (dunque, la diminuzione dei ricavi dell’investimento) conseguente dalla misura stalte non costituisce da solo un requisito sufficiente per sostanziare espropriazione indiretta; 3) le misure adottate per il perseguimento di legittimi obiettivi di politica pubblica (come, la protezione della salute, sicurezza e ambiente) non costituiscono forme di espropriazione indiretta, se non nella rara circostanza in cui risultino manifestamente sproporzionate alla luce del loro obiettivo;
  • Per avere la qualifica di investitore è necessario svolgere un’attività commerciale concreta nel territorio di una delle parti (Article X.3 CETA), per cui la protezione viene esclusa per le c.d. società di comodo (shell companies) o società fittizie (mailbox companies);
  • Il divieto per gli investitori privati di utilizzare, nelle procedure di risoluzione di eventuali controversie, le disposizioni sostanziali presenti in altri accordi (ad es., trattati di Stati membri dell’EU) che essi considerino più vantaggiose per i loro interessi (Article X.7 CETA);
  • La possibilità di sottoporre ad arbitrato soltanto i ricorsi fondati sulla violazione del trattamento non discriminatorio e della protezione dell’investimento (Article X.17 CETA con riferimento, rispettivamente, alle sezioni 3 e 4 dello stesso Accordo);
  • Vengono introdotte delle importanti innovazioni in entrambi gli accordi, relativamente ai meccanismi di risoluzione delle controversie tra investitore e Stato (ISDS). Per esempio: l’introduzione di un codice di condotta che stabilisca obblighi specifici e vincolanti per gli arbitri al fine di evitare possibili conflitti di interessi e la disciplina di questioni etiche più generali (Article X.25 CETA; Annex 9-B EUSFTA); la presenza di un elenco di soggetti, concordati preventivamente tra le parti, che possano fungere da arbitri in modo da evitare il rischio di interessi di parte (Article X.25 CETA; Article 9.21 EUSFTA); taluni obblighi in materia di trasparenza, quali quello, per i tribunali investiti della controversia, di rendere disponibili al pubblico tutti i documenti su un sito web finanziato dall’UE e di svolgere tutte le udienze a porte aperte, nonché il diritto per le parti interessate (comprese le ONG) di presentare osservazioni (Article X.33 CETA; Article 9.25 e Annex 9-C EUSFTA). Viene poi stabilito il divieto di presentare contemporaneamente ricorsi davanti a due tribunali diversi (Article X.21 CETA; Article 9.20 EUSFTA); il divieto di presentare ricorsi “fraudolenti”, ove ad esempio l’investimento sia stato fatto unicamente con lo scopo di poter presentare una domanda di arbitrato (Article X.17.3 CETA; Article 9.20 EUSFTA); e il divieto per un ISDS di procedere all’abrogazione di una misura adottata dai Parlamenti dell’UE, di uno Stato membro o del Canada (Article X.36 CETA). Vengono, ancora, fissati tempi certi (3 anni) per la presentazione di eventuali ricorsi (Article X.18.5 CETA; Article 9.16 EUSFTA); nonché disposizioni volte ad evitare ricorsi futili e temerari, consentendo ai tribunali di respingere velocemente ricorsi infondati (Articles X.20 e 10.30 CETA; Articles 9.23 e 9.25 EUSFTA); ed è introdotta la possibilità per il tribunale di imputare tutti i costi del contenzioso a carico della parte soccombente (Article X.36; Article 9.29 EUSFTA). Infine, viene caldeggiata la creazione di un meccanismo di appello (Article x.42 CETA; Article 9.33 EUSFTA) e sono previste clausole che permettono alle parti contraenti di adottare interpretazioni vincolanti sulle modalità di interpretazione dell’accordo per correggere potenziali errori da parte dei tribunali (Articles X.27 e X.35 CETA; Articles 9.22 e 9.26 EUSFTA).

Oltre alle significative innovazioni che comportano nel merito, il contenuto di queste disposizioni è anche importante perché può fungere da utile indicatore sulla direzione che prenderanno i negoziati attualmente in corso tra UE e Stati Uniti d’America per la conclusione del TTIP (Transatlantic Trade and Investment Partnership). Com’è noto, si tratta di negoziati altamente problematici per l’UE, che dovrà superare le resistenze di gran parte dell’opinione pubblica preoccupata che questo trattato finisca per attribuire eccessivi poteri e tutele alle imprese multinazionali a scapito dei diritti dei cittadini e degli Stati (a tal riguardo, merita di essere segnalato che la conclusione del CETA è stata accompagnata da una lettera di denuncia da parte di oltre 130 organizzazioni della società civile di Canada e vari Paesi membri dell’UE). Con l’obiettivo di superare queste resistenze, la Commissione europea, non esente da responsabilità per la scarsa trasparenza alla quale, per lungo tempo, è stata improntata la conduzione dei negoziati, ha di recente adottato una comunicazione, la C(2014) 9052 final del 25 novembre 2014, con la quale si impegna a garantire maggiore trasparenza agli stessi negoziati “as a part of a ‘fresh start’ on the TTIP”.