
Lo scorso 8 giugno si è concluso il G7 riunitosi sotto presidenza tedesca presso il castello di Elmau, in Baviera. Si tratta della 41a riunione del vertice, la cui prima convocazione risale all’aprile 1973, quando i ministri finanziari di Francia, Germania, Gran Bretagna e Stati Uniti si incontrarono in via informale presso la biblioteca della Casa bianca (da qui il nome Library Group) per discutere la questione della riforma del sistema monetario internazionale. Seguì nel 1975 il primo summit “ufficiale”, su iniziativa del presidente francese Giscard D’Estaing che riunì a Rambouillet i leader degli allora sei paesi più industrializzati al mondo (si aggiunsero Giappone e Italia, seguiti nel 1977 dal Canada). A partire dal vertice di Londra del 1977 anche l’allora Comunità economica europea fu invitata a partecipare, dapprima limitatamente alle proprie materie di competenza esclusiva, successivamente anche per le materie a competenza c.d. concorrente. La Federazione russa, associata per la prima volta in occasione del summit di Napoli del 1994 e membro a pieno titolo dal vertice di Denver del 1997, è stata esclusa dalle riunioni a partire dal vertice di Bruxelles del giugno 2014, a causa del proprio ruolo nel conflitto ucraino.
Sono cinque le macro-aree di azione individuate all’interno del documento finale (communiqué), privo di carattere giuridicamente vincolante ed avente mera natura politica, redatto dai capi di Stato e di governo riunitisi sulle Alpi bavaresi: l’economia globale, la sanità, le questioni ambientali, lo sviluppo internazionale, la politica estera e di sicurezza. Il comunicato finale del vertice sottolinea sin dal preambolo la necessità di affrontare queste sfide in modo concertato, nel rispetto di principi e valori comuni, tra i quali, in particolare, la democrazia, lo stato di diritto ed il rispetto dei diritti umani.
Dal punto di vista economico, il documento riafferma l’impegno degli Stati a rafforzare il sistema commerciale multilaterale fondato sulle norme dell’Organizzazione mondiale del commercio (OMC), attraverso la rapida ed effettiva implementazione del c.d. Pacchetto Bali e la conseguente entrata in vigore in tempi brevi del Trade Facilitation Agreement (TFA): a tal fine, gli Stati si impegnano a concludere le procedure di ratifica prima della conferenza ministeriale dell’OMC che si terrà il prossimo dicembre a Nairobi. I sette Paesi si impegnano inoltre ad adottare entro questo mese il “programma di lavoro post-Bali” che solleciti la conclusione dei negoziati del Doha Round.
Accanto al sostegno al sistema multilaterale, riconosciuto come prioritario, il documento incoraggia altresì la conclusione di accordi bilaterali e regionali di libero scambio: il rapporto finale apprezza in particolare i progressi compiuti nei negoziati relativi alla Trans-Pacific Partnership (TPP), ed all’accordo di Partnership Economica Giappone-Europa (EU-Japan FTA/EPA). In relazione al Transatlantic Trade and Investment Agreement (TTIP), l’accordo in fase di negoziazione tra UE e Stati Uniti, l’impegno dei Capi di Stato e di governo è ad “accelerare il lavoro con l’obiettivo di finalizzare un’intesa di massima preferibilmente entro la fine di quest’anno”. Infine, il documento prende atto con favore della conclusione dei negoziati sul Comprehensive Economic and Trade Agreement (CETA) tra Canada ed Unione europea, in attesa dell’entrata in vigore dello stesso.
Il raggiungimento di più alti standard di tutela nel campo della sanità figura tra gli obiettivi primari che i membri del G7 si impegnano a perseguire, sia attraverso programmi bilaterali che tramite strutture multilaterali. In questo contesto, il documento dedica particolare attenzione alla recente epidemia di ebola. Gli Stati si impegnano infatti a far sì che i focolai non si trasformino in epidemie offrendo la propria assistenza ad almeno 60 Paesi, inclusi gli Stati dell’Africa occidentale, nell’applicazione delle International Health Regulations elaborate dall’Organizzazione mondiale della sanità, nel quadro della Health Security Agenda come di altre iniziative. Si afferma inoltre l’obiettivo di “ridurre a zero” i casi di ebola, garantendo assistenza ai Paesi più colpiti dal contagio.
In materia di cooperazione allo sviluppo, i leader del G7 hanno discusso le tappe per giungere ad un nuovo accordo volto all’eradicazione della povertà, nel quadro della Post-2015 Agenda for Sustainable Development, la quale ha l’obiettivo di portare a termine i “compiti” lasciati… incompiuti dai Millennium Development Goals (MDGs): porre fine alla povertà estrema, ridurre l’ineguaglianza, promuovere l’uso sostenibile delle risorse naturali. L’Agenda sarà discussa nell’ambito del Summit delle Nazioni unite che si terrà a New York nel settembre 2015. Al fine di supportare l’avanzamento dell’Agenda e dei suoi obiettivi, gli Stati del G7 si impegnano ad assumere misure significative in settori quali sanità, sicurezza alimentare, protezione dell’ambiente marino, lotta ai cambiamenti climatici.
Al tema ambientale, ed in particolare ai cambiamenti climatici, è stato riservato un ruolo di primaria importanza. Sulla base dei risultati emersi dall’ultimo rapporto pubblicato dall’IPCC (International Panel on Climate Change), il comunicato finale afferma come sia necessaria un’azione “urgente e concreta” per affrontare la questione del surriscaldamento globale. In particolare, i Paesi fanno stato della propria determinazione ad adottare, nell’ambito della Conferenza sul cambiamento climatico che si terrà a Parigi nel dicembre prossimo, uno strumento giuridico vincolante nella cornice della Convenzione ONU sui cambiamenti climatici (UNFCCC, United Nations Framework Convention on Climate Change), che sia applicabile a tutti gli Stati parte della Convenzione stessa.
Tale accordo dovrà far sì che tutti i Paesi perseguano il proprio sviluppo nel rispetto dell’obiettivo generale di mantenere l’incremento della temperatura media globale al di sotto dei due gradi Celsius: obiettivo che – come riconosce il comunicato finale – richiede a sua volta importanti riduzioni nell’emissione dei gas serra, ed una “decarbonizzazione” dell’economia entro questo secolo. In tale prospettiva i Paesi del G7 sostengono l’obiettivo, da condividere con tutte le parti dell’UNFCCC, di ridurre entro il 2050 le emissioni di gas serra di una quota compresa tra il 40% ed il 70% rispetto ai valori registrati nel 2010. Il documento fa inoltre esplicito riferimento alla necessità di avvicinarsi all’upper end della finestra indicata, ossia di arrivare ad una percentuale di riduzione il più possibile vicina al 70%. Idea del resto corroborata dalle dichiarazioni a margine della cancelliera tedesca Merkel, sulla base delle quali “una riduzione del 40% non sarebbe sufficiente”.
Sulle questioni di sicurezza internazionale, senz’altro di maggiore urgenza ed attualità, i Paesi partecipanti si definiscono “preoccupati” per i conflitti in corso, che “denotano una progressiva erosione delle norme di diritto internazionale e della sicurezza globale”, e si impegnano a risolvere tali conflitti sulla base dei propri principi e valori comuni.
Sul conflitto in Ucraina e sulle relazioni con la Federazione russa, esclusa dal vertice proprio in virtù del ruolo di parte nel conflitto, i leader del G7 reiterano la condanna dell’annessione della penisola di Crimea da parte russa, e riaffermano la politica del non riconoscimento della creazione della Repubblica autonoma e del suo ingresso nella Federazione russa avvenuta il 18 marzo 2014. Viene reiterato il sostegno ad una soluzione pacifica del conflitto, sulla base degli Accordi di Minsk e attraverso l’applicazione scrupolosa del pacchetto di misure firmato il 12 febbraio 2015 (comprendente il cessate-il-fuoco ed il ritiro delle armi pesanti dall’area degli scontri). In quest’ottica è riaffermata l’importanza di fori quali il “Gruppo di contatto Trilaterale” (comprendente rappresentanti della Federazione russa, dell’Ucraina e dell’OSCE) ed il “Formato Normandia” (Federazione russa, Francia, Germania ed Ucraina).
Com’è noto tutti gli Stati del G7 hanno deliberato nel corso delle diverse fasi del conflitto misure sanzionatorie nei confronti della Federazione russa, sia individualmente (il Canada, il Giappone e gli USA) sia all’interno di una cornice associativa (è il caso di Francia, Germania, Italia e Regno Unito nell’ambito della PESC). Gli Stati del G7 riaffermano che la durata delle sanzioni nei confronti della Federazione russa dipenderà dalla compiuta applicazione delle misure contenute negli Accordi di Minsk, nonché dal rispetto da parte russa della sovranità dell’Ucraina. Nel contempo, i leader del G7 si dichiarano “pronti ad adottare ulteriori misure restrittive” ove il coinvolgimento russo nel conflitto lo renda necessario: in particolare, i leader chiedono al governo di Mosca di cessare il sostegno transfrontaliero alle forze separatiste, e di usare la propria considerevole influenza su di esse perché vengano rispettati gli impegni assunti a Minsk.
Alcune considerazioni significative sono dedicate alla situazione politica ed umanitaria all’interno di Stati ed aree a rischio per la sicurezza globale, a causa della proliferazione delle attività di nuclei terroristici. Relativamente alla Siria, il comunicato finale si limita ad affermare che “una transizione a guida ONU sulla base della piena implementazione del Comunicato di Ginevra è l’unico modo di riportare la pace e sconfiggere il terrorismo”; anche per lo Yemen viene auspicata una transizione pacifica sotto la guida dell’ONU.
Più delicata la posizione dei sette sulla Libia. Di fronte alla instabilità ed alla frammentazione del Paese, prodotte dalla proliferazione di gruppi terroristici e di attività quali traffico di armi ed esseri umani, che stanno progressivamente depauperando gli assets statali, i governi partecipanti riaffermano il sostegno all’azione negoziale dell’ONU condotta dal rappresentante speciale del Segretario generale Bernardino León, e lanciano un appello al popolo libico ed ai suoi leader perché si uniscano in un “governo rappresentativo di unità nazionale” che ponga le fondamenta di un nuovo Stato democratico. Gli Stati del G7 si dichiarano pronti, una volta raggiunto tale accordo, a fornire significativo supporto al governo libico, nella costruzione in particolare di istituzioni funzionanti (forze di sicurezza incluse), nel perseguimento della ripresa economica e nella lotta alle reti criminali e terroristiche.
Il contrasto al terrorismo può essere identificato come terzo tema di rilievo contenuto nel documento finale del G7 di Elmau. I Paesi partecipanti confermano come la lotta al terrorismo, soprattutto alla luce del recente fenomeno dei c.d. foreign fighters, resti una priorità per la comunità internazionale nel suo insieme, apprezzando in questo contesto l’impegno profuso dalla coalizione globale contro l’ISIL/Da’esh. Solidarietà è espressa nei confronti dei Paesi vittime recentemente di attacchi terroristici, in particolare l’Iraq, la Nigeria e la Tunisia, i cui leader hanno preso parte alle discussioni del summit in materia.
Infine, particolare attenzione è stata dedicata al tema del finanziamento al terrorismo, incluso tra le priorità del vertice. I sette hanno riaffermato in particolare il loro impegno ad applicare le misure internazionali per il congelamento degli assets dei terroristi, facilitando le richieste di congelamento transfrontaliero tra Paesi membri del G7 e garantendo una maggiore trasparenza dei flussi finanziari, anche attraverso una regolamentazione appropriata dei nuovi metodi di pagamento.
Alcuni tratti peculiari di questo G7 meritano di essere sottolineati. In generale, più che in altre riunioni, può dirsi che l’incontro di Elmau si sia tenuto in un’atmosfera particolarmente armoniosa, in cui sono emersi i tratti comuni tra i partecipanti. In campo economico i temi tradizionalmente suscettibili di creare attriti, quali la politica tedesca di sostegno alle esportazioni e l’eccessivo utilizzo della politica monetaria espansiva da parte degli USA, sono stati tenuti a margine delle discussioni. Il vertice e le successive dichiarazioni del presidente Obama hanno cercato di imprimere una forte accelerazione ai negoziati per la conclusione del TTIP, lanciando un messaggio forse di eccessivo ottimismo. Relativamente alla crisi greca bisogna sottolineare come, malgrado se ne sia discusso a lungo, un esplicito riferimento non sia contenuto nel comunicato finale: la Grecia vi appare piuttosto come un problema europeo, prima che mondiale. Anche l’accordo raggiunto nell’ambito della lotta ai cambiamenti climatici conferma una elevata affinità tra le posizioni espresse dai governi partecipanti: dal testo del comunicato finale emerge una chiara convergenza dei Paesi del G7, che sembrano aver effettivamente raggiunto una unità d’intenti in vista della Conferenza di Parigi del prossimo dicembre. Analoga lettura può essere data alle posizioni formulate dai sette Paesi nel settore della sicurezza internazionale, al di là delle dichiarazioni piuttosto interlocutorie sulle crisi in Yemen, Libia e Siria dovute in parte alla effettiva complessità dei casi, in parte al fatto che altri fori siano stati ritenuti più adatti ad affrontare tali temi. La posizione assunta nei confronti della Federazione russa va ben oltre la mera conferma dello stato attuale, arrivando a ventilare l’adozione di eventuali ulteriori misure restrittive, potenzialmente da parte di tutti gli Stati membri del G7, ove Mosca non si adoperi attivamente nel perseguimento di una soluzione pacifica del conflitto in corso nell’Ucraina orientale.