La sospensione dell’Intermediate-Range Nuclear Forces Treaty (INF) e le implicazioni per la sicurezza internazionale


Siglato l’8 dicembre 1987 dal Presidente Ronald Reagan e dal leader sovietico Michail Gorbačëv, questo storico accordo oltre a prescrivere il divieto di costruire, testare e sviluppare tutti quei sistemi missilistici di terra che avevano una gittata compresa tra i 500 e i 5.500 km, imponeva alle due superpotenze la totale eliminazione di queste armi. Malgrado le numerose tensioni e crisi politiche che si sono susseguite nel corso degli anni, gli Stati Uniti, l’Unione Sovietica, e successivamente la Federazione Russa hanno continuato a rispettare gli obblighi previsti dal trattato INF per buona parte della sua durata. Tuttavia, nel luglio del 2014 in un documento intitolato Adherence to and Compliance with Arms Control, Nonproliferation, and Disarmament Agreements and Commitments, l’Amministrazione Obama ha accusato formalmente la Russia di sviluppare un nuovo tipo di missile che andava contro gli obblighi previsti dal trattato, segnando in questo modo una nuova fase di conflitto tra le due superpotenze. Anche se in quell’occasione non sono stati rilasciati dettagli tecnici sulle presunte violazioni, questo scambio di accuse è continuato anche negli anni successivi causando sempre maggiori tensioni. Tuttavia, la crisi definitiva del trattato INF si è concretizzata il 4 dicembre 2018, data in cui gli Stati Uniti hanno lanciato un ultimatum alla Federazione Russa, fissando il termine a 60 giorni per interrompere le presunte violazioni e tornare a rispettare gli obblighi previsti dal trattato. Ovviamente la Russia ha negato ogni genere di responsabilità e ha a sua volta accusato gli Stati Uniti di aver agito contro gli obblighi dell’accordo. A causa di questa situazione, il 1 febbraio 2019 gli Stati Uniti hanno deciso di appellarsi all’articolo 15 dell’accordo il quale regola le modalità per l’uscita dal trattato INF, segnando in questo modo una nuova fase di crisi nel contesto del controllo degli armamenti nucleari.

Secondo l’articolo 15, le Parti nell’esercizio della propria sovranità nazionale, hanno il diritto di ritirarsi dal trattato INF qualora determinati eventi straordinari mettano a repentaglio gli interessi supremi dello Stato. Infatti è sufficiente notificare la propria decisione di ritirarsi all’altra Parte sei mesi prima del ritiro effettivo, includendo una dichiarazione degli eventi straordinari che la parte notificante considera compromettenti nei confronti dei suoi interessi supremi. Relativamente alle motivazioni espresse dagli Stati Uniti, il Dipartimento di Stato americano ha affermato che la Russia “continua a negare che il suo sistema missilistico non conforme – l’SSC-8 o il 9M729 – stia violando il Trattato” e per questa ragione “Conformemente al diritto internazionale consuetudinario, gli Stati Uniti hanno sospeso i propri obblighi ai sensi del Trattato INF, efficaci oggi, in risposta alla violazione materiale della Russia”. Conseguentemente a queste dichiarazioni, il giorno successivo la Russia ha espresso la sua volontà di sospendere l’accordo, contribuendo a creare un considerevole vuoto normativo nella regolamentazione di queste armi.

A tal proposito, prescindendo dalla motivazione formale, è lecito chiedersi quali possano essere le ragioni reali che abbiano spinto l’Amministrazione Trump a muoversi in questa direzione. Malgrado buona parte della comunità scientifica e internazionale abbia tentato di scongiurare tale decisione, gli Stati Uniti sembrano estremamente determinati nel portare avanti questo processo che porterà alla fine del trattato nell’agosto del 2019. In questo contesto, al fine di fornire una più ampia immagine della situazione attuale, può essere utile soffermarsi su alcune considerazioni, per poi analizzare le implicazioni della sospensione del Trattato INF nel contesto del controllo degli armamenti nucleari.

In primo luogo, relativamente alle motivazioni, è possibile chiedersi se la violazione del trattato da parte della Russia sia la sola ragione alla base di questa scelta oppure si ci siano altri elementi che abbiano spinto in questa direzione. Se è vero che lo sviluppo di nuovi sistemi a medio raggio potrebbe portare un vantaggio alla Russia, è altrettanto vero che queste armi non sono in grado di modificare radicalmente il consolidato equilibrio strategico. Infatti, un ipotetico conflitto tra le due superpotenze non sarebbe deciso da questo tipo di sistemi a medio raggio, ma piuttosto dai più sofisticati missili intercontinentali balistici (ICBM) che possiedono una gittata e un potenziale distruttivo di gran lunga maggiore. In secondo luogo, visto che il Trattato INF bandisce i soli missili schierati da terra, e non quelli che potevano essere impiegati da sottomarini e aerei, ancora una volta non è chiaro quale possa essere il vantaggio derivante da questa scelta strategica, visto che entrambe le superpotenze sono attualmente in grado di compensare la mancanza di missili di terra con sistemi lanciati dall’aria e dal mare. In terzo luogo, questo trattato influisce in modo minore sugli Stati Uniti rispetto alla Federazione Russa, in quanto le due potenze si trovano in un quadro geografico-strategico totalmente diverso. Se da una parte gli Stati Uniti non hanno alcun paese confinante che possiede armi nucleari o sistemi a medio raggio in grado di causare una minaccia concreta, dall’altra parte la Federazione Russa si trova in prossimità di una serie di stati come Cina, India, Pakistan, Nord Corea e Israele che possiedono questo tipo di tecnologia. Dunque, considerato che tra le due superpotenze probabilmente sono gli Stati Uniti a godere di un relativo vantaggio strategico nei confronti del loro avversario, è improbabile che la violazione russa sia stata l’unica ragione alla base del ritiro.

Per le sopracitate ragioni, è difficile pensare che lo sviluppo del sistema 9M729 russo sia la sola causa per la sospensione del Trattato INF da parte degli Stati Uniti. Al contrario è lecito pensare che il vero obiettivo non fosse la Federazione Russa, ma la Cina. Attualmente, questa potenza con aspirazioni globali sta investendo un grande quantità di risorse nello sviluppo di questa tecnologia militare, poiché è sempre più chiaro che la consacrazione dello status di grande potenza è ottenibile solo mediante un arsenale nucleare credibile ed affidabile. Negli ultimi anni la Cina ha sviluppato in modo consistente i propri sistemi missilistici, con particolare attenzione per quelli a medio raggio, poiché mira a limitare l’influenza degli Stati Uniti in Asia. Infatti, nel marzo del 2018, l’Ammiraglio Harry Harris testimoniò davanti al Senate Armed Services Committeela propria preoccupazione nei confronti della Cina, in quanto sosteneva che il 90% dei missili cinesi di terra ricadono nella categoria di missili banditi dal trattato. In particolare, nel corso del suo intervento, l’Ammiraglio ha più volte sottolineato come gli Stati Uniti si trovino in una situazione di svantaggio nei confronti della Cina, poiché i loro sistemi missilistici a medio raggio costituiscono una reale minaccia per le basi e le navi americane dispiegate nel Pacifico occidentale. Alla luce di tutto questo, è plausibile pensare che la scelta di sospendere il Tratto INF sia stata motivata, oltre che dalle violazioni da parte della Russia, dalla volontà di bilanciare la crescente supremazia cinese nel continente asiatico.

Prescindendo dalle ragioni strategiche americane e russe, è possibile affermare che le implicazioni derivanti dalla fine dell’INF, oltre a deteriorare ulteriormente i rapporti tra le due superpotenze, rischiano di avere serie ripercussioni sull’intera struttura degli accordi per il controllo degli armamenti nucleari. Infatti, se una prima grande frattura si era verificata con il ritiro degli Stati Uniti dall’Anti-Ballistic Missile Treaty(ABM) nel 2002, la sospensione dell’INF non può che aver aggravato ulteriormente la situazione. Alla luce di questi eventi, è lecito chiedersi quale possa essere il destino del New Strategic Arms Reduction Treaty (New START) che attualmente costituisce l’ultimo trattato bilaterale tra Stati Uniti e Federazione Russa per limitare la proliferazione nucleare. Considerato che il New START è entrato in vigore nel 2011 e continuerà a produrre effetti fino al febbraio del 2021, appare evidente che senza la volontà delle Parti di estenderlo per ulteriori cinque anni si verrebbe a creare un pericoloso vuoto normativo. Indubbiamente, uno scenario di questo tipo avrebbe effetti drammatici per tutta la sicurezza internazionale, poiché la totale assenza di regole chiare e condivise potrebbe aprire la strada a una nuova corsa agli armamenti con conseguenze imprevedibili per tutta la Comunità Internazionale.